In viaggio con la balilla

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IN VIAGGIO


CON LA “BALILLA” DI PAPA’




(13.03.2014)

di   Antonella Lojercio

 

 

Era lucida e nera, la Fiat Balilla 508, la vettura degli Italiani: l’auto che ha influenzato l’epoca romantica dell’automobile.

Fatta per durare, fu presentata il 12 aprile del 1932, al Salone Internazionale dell’Automobile, alla Fiera di Milano. Fu la risposta della Fiat alla grande crisi economica mondiale che, nel triennio 1930-32, attanagliava il mercato automobilistico.

Berlina a 2 porte, con sedili imbottiti, aveva un piccolo e compatto motore di 995 cc che sviluppava 20 cv e le imprimeva una velocità di 85 km/h. Il prezzo “andava verso il popolo”, e pur non essendo ancora accessibile a tutti, era certamente una vettura che incontrava il favore di molti.

Anche la Balilla di Papà era tutta nera, com’era d’uopo. I cerchioni grigio topo, i parafanghi bombati ed i lucidi copponi d’acciaio. La scritta “Balilla”, che troneggiava sul radiatore a nido d’ape, era ben tenuta ed ogni giorno (o quasi) riceveva un’energica strofinatura.

Si inerpicava su per la statale “18”,  lungo i tornanti che da Palmi portano a Reggio Calabria. Nella salita del “S.Elia” sbuffava come una locomotiva, ma andava avanti imperterrita. Papà ci rassicurava sulle doti meccaniche del mezzo, assolutamente affidabile. E, arrivati in cima al monte, decise per una sosta breve, prima di affrontare la serie di curve verso Bagnara. Non era certo un AutoGrill delle moderne autostrade! Solo un piccolo esercizio, ma fornito di tutto, dal tabacco della pipa all’acqua “naturale” e alla frutta dissetante.

Era bravo Papà a dosare le difficoltà del viaggio e a tranquillizzare noi bambine sempre irrequiete. Non c’era l’aria condizionata a bordo della “Balilla”, ma la regolazione dell’apertura del finestrino permetteva una ventilazione gradevole. La tentazione di affacciarsi era forte, quella – poi – di salutare con le manine tutte protese dal finestrino era una cosa proibita, ma allettante.

Papà era severo: erano situazioni di pericolo da evitare assolutamente! Partire da casa, nelle giornate nuvolose, procurava una leggera apprensione. La pioggia, la neve e sopratutto la nebbia, nel tratto del Monte S. Elia, costituivano – talvolta – un ostacolo davvero difficile. Rimanevamo in silenzio e con il naso spiaccicato sul finestrino. Le gocce della pioggia scivolavano veloci lungo il vetro, spesso si inseguivano con rapidità, disperdendosi, dopo aver percorso tutta la carrozzeria dell’auto, sull’asfalto della “nazionale”18. Erano i momenti in cui si rimaneva in silenzio, perché la pioggia metteva tristezza, la nebbia tramutava in timore ed angoscia la preoccupazione iniziale. Papà diveniva nervoso ed accigliato e questo bastava a tenerci calme e, certo, non ci incoraggiava a far domande inutili.

Sentimmo Papà dire : “Una bella folata di vento metterebbe le cose a posto e ci permetterebbe di vedere dove stiamo andando”.

Arrivò, dopo un breve lasso di tempo, quella provvidenziale folata di vento tanto agognata; ci sembrarono eterni i minuti in quel “buio” spettrale. Man mano che il paesaggio si rischiarava e le immagini si mettevano a “fuoco”, come in una macchina fotografica, l’umore a bordo della “Balilla” tornava sereno e le paure svanivano.

La luce che filtrava tra le nuvole dava fiducia, ed il resto del viaggio veniva completato con il cuore più leggero.

Dopo aver superato tutta la serie di tornanti, che di solito ci procuravano immancabilmente un leggero mal d’auto, fummo felici di constatare che “l’allegra brigata” non lamentava alcun malessere . Papà fermò l’auto, come faceva di solito, davanti al negozio di Don Peppino, gestore di una vecchia rivendita “Sale e Tabacchi” (che in realtà era un vero emporio di varie chincaglierie). Ci disse di scendere per “sgranchire” le gambe, cosa a cui ubbidimmo con celerità, perché sapevamo che accanto alla rivendita c’era il negozio di “torroni e susumelle”, leccornie al cioccolato

inimitabili e il loro acquisto era graditissimo.

Bisognava riprendere il “viaggio” verso Reggio Calabria, una città che ci affascinava per la bellezza del suo Lungomare, per il suo Castello “carico di storia” (ci metteva sgomento l’ammirarlo dal basso) , per il suo Museo ricchissimo di oggetti della Magna Grecia, per il lungo Corso pieno di splendidi negozi, dalle vetrine luccicanti che ammaliavano noi bambine.

Passammo Scilla ed io e la mia sorellina ci tenevamo per mano, perché la nostra amatissima nonna ci aveva raccontato tante storie, anche tenebrose, su questi scogli contrapposti a quelli di Cariddi, che il solo costeggiarli – sia pure dalla terraferma – ci metteva agitazione. “Leggende”, diceva la nonna, ma le storie della nonna per noi erano tutte vere!

A Villa S. Giovanni era prevista, da sempre, una sosta nei pressi della stazione ferroviaria per l’acquisto dei giornali (“La voce di Calabria” e “La Tribuna del Mezzogiorno”), con la cronaca di Reggio Calabria e Provincia. Ripresa la marcia sulla vetusta SS.18 e, attraversati tutti i paesi e le frazioni che separano Villa da Reggio, ci avviammo con la forte sensazione che l’andatura della mitica “Balilla” fosse decisamente molto più sostenuta.

Arrivammo a Reggio in breve tempo, tenuto conto del passaggio nelle tante frazioni e dello stato non perfetto dell’unica via d’accesso. Così, dopo essere scese dall’auto, noi bambine, tenendoci per mano, precedevamo Papà che, con autorevole cipiglio, ci indirizzava a destra e a manca, lasciandoci però incantare dalle vetrine rutilanti. Aveva, per noi, sempre in serbo sorprese gradevoli ed intuendo (e spesso conoscendo) i nostri desideri, ci accompagnava all’interno dei negozi ed era… festa! Compravamo le cose concordate, ma all’uscita avevamo, nelle eleganti buste, sempre qualche cosina in più, e la nostra gioia era completa!

Sistemati con ordine nell’auto tutti i vari pacchetti appena comprati, con la gioia nel cuore seguimmo Papà in altre incombenze di adulti. Ormai, soddisfatte degli acquisti, venivamo prese dalla frenesia di “provare” le novità, o di spiegarne le bontà ai nostri cari, al ritorno a casa.

Il rientro avveniva più velocemente; c’erano meno fermate, la Balilla marciava spedita, come una puledra vigorosa che pensava alla sua biada ed al riposo nella sua stalla. Evviva!

Ancora una volta la nostra amata berlina ci aveva regalato un’avventura indimenticabile.

 

 

 

Presentazione  di   Antonella  Lojercio

 

Nata a Roma, risiede a Palmi (RC).

Si è subito interessata alle mie pubblicazioni (Poesie, Favole),  ma soprattutto ha collaborato dal 2003 alla Rivista ”Automobilismo Reggino”, quale Segretaria principale della  Redazione. La sua collaborazione fidata è stata ricca di spunti, ricerche, novità, passione giornalistica.

Esperta di musica e di teatro, è autrice di un libro (di prossima pubblicazione a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di RC e con la prefazione del cosmopolita tenore calabrese Giuseppe Filianoti) sulla musica di suo Padre, il Maestro Nicola Lojercio, compositore e direttore d’orchestra, molto noto e specie in Calabria, essendo stato l’allievo prediletto di Francesco Cilea, oltre ad aver condotto, per decenni,  la cattedra di Armonia presso il “Conservatorio Cherubini” di Firenze.

Antonella Lojercio coordina il Premio annuale “Maestro Nicola Lojercio”, alla Casa della Cultura di Palmi, destinato ai giovani talenti calabresi e di tutto il territorio nazionale, nel campo di ogni tipo di strumenti musicali, nel canto, come nella musica lirica.

Ha seguito le varie stagioni al teatro “Cilea” di Reggio Calabria,suggerendo,alla Redazione di “Automobilismo Reggino”,varie recensioni su spettacoli musicali,di lirica e altro.

Particolarmente devota alla Madonna di Fatima, è sempre presente in azioni di fraterna carità, rafforzando, così, lo spirito di solidarietà e divenendo, quindi, esempio di doti, oggi, purtroppo, non abbastanza presenti nella Società contemporanea.

Anthony Cormaci


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