Gianni Bernardo
Un carrello di supermercato e LUI…
ed è Spettacolo!
Comico…“ Canta – storie”… grande attore… Poeta
di Alfredo Labate Grimaldi
Vogliamo fregarcene delle regole del giornalismo e quindi non vi diciamo il dove, la data, il titolo dello spettacolo…
Ciò che conta è dirvi che un uomo piccolo di statura, senza capelli, non bello, timido, silenzioso, chiuso, fors’anche all’apparenza scorbutico, salito sulle tavole del palcoscenico, quasi come drogato si trasforma in un bianco cigno reale, dimostrando d’essere un grande attore e… versatile – lui affabula, vi fa ridere, vi fa piangere, canta cose struggenti della sua terra, come solo può e sa fare un attore di razza!
Stiamo parlando, Signori, del Teatro di Gianni Bernardo.
Il suo spettacolo, “Il paese dei Minnifuttu”, testo che alterna l’Italiano alla lingua pantesca, quella della sua terra, Pantelleria.
Lo spettacolo è solo un pretesto- potrebbe avere un altro titolo, il testo potrebbe essere in lingua e non farebbe nessuna differenza – perché crediamo che se mettessimo Gianni Bernardo a leggere l’elenco telefonico, come si suol dire, pure, con la sua arguzia, con gli “arabi” suoi occhi brillanti, con la sua cultura, col suo aver dentro il senso del Teatro… pure farebbe spettacolo!
Non vogliamo quindi parlare in senso stretto dello spettacolo … sarebbe riduttivo, sarebbe fare un torto a Bernardo.
Sarebbe ignorare la sua mente di “teatrante” – nobile parola – significherebbe ignorare la sua mano che “tocca” e fa vibrare ogni particella costituente quello che si suole chiamare “spettacolo”: quelle inezie, quelle “coloriture”, quei siparietti, quelle “invenzioni” sceniche, quelle piccole cose che fanno la differenza e costituiscono il tessuto su cui si muove l’Attore e, nel caso, il mattatore!
Accorgimenti, sfumature… come l’allegra banda di “maschere felliniane” con i loro clowneschi passaggi o apparizioni, come l’invenzione del carrello di supermercato che appare allo spettatore a scena aperta, subito, sin da quando entra in sala. Carrello di supermercato che pure ha una funzione logica e pure pratica ai fini dello spettacolo e ch’è quasi un emblema del teatrante… “il baùle”!…
Quelli di buona memoria, dove i teatranti viaggianti riponevano i costumi, i cappelli… le “maschere”… e anche i figli, mentre essi erano in scena.
E cosa ti fa uscire, ogni po’, Bernardo, con i suoi pantaloni i primi che ha trovato sotto mano – si fa per dire – e la camicetta color “topo”, “mise” che tanto ci ha ricordato quelli dell’esistenzialismo nelle loro fumose “caves” parigine – dicevamo, quindi, cosa ci fa uscire dal suo carrello della spesa?… Di tutto… anche, ogni tanto, la bottiglietta dell’acqua minerale per dissetarsi – parla ininterrottamente per un’ora e mezza e sopporta questo egregiamente – ma anche… appunto… una maschera… . Insomma, arte, ma anche… grande “mestiere” il che non guasta!
E che dire, poi, della trovata della interprete simultanea, per la traduzione dal Pantesco all’Italiano… indovinatissima come trovata e portata con molto garbo: a proposito… quella ragazza, secondo noi, sarebbe da tener d’occhio e, senz’altro, attenderla ad un’altra prova, per una conferma di ciò che promette in questo ruolo!
Ottimo il testo: attualissimo. E non manca anche l’arguta battuta politica. Ma pregno anche di qualcosa di “ancestrale” che lo renderebbe attuale anche fra vent’anni. Ottime e con tempi “perfetti al secondo”, le Luci, importanti in questo spettacolo – e dove non sono importanti? – ma che qui sono parte essenziale ed integrante del discorso scenico in atto sul palco.
E cosa dire dei “tempi” di Bernardo? Sono “cronometrici” e in un’ora e mezza di ininterrotto spettacolo, non ne sbaglia uno! I suoi, sono i tempi dell’attore di vaglia, ma più… “dell’affabulatore”!
Insomma… gusto, eleganza, bravura, accademia, ma soprattutto, Teatro, vero Teatro, Grande Teatro!
E non sapremmo quale preferire dei vari Gianni Bernardo che abbiamo visto: l’attore, il comico acuto, il cantante – non vi perdete i suoi dischi – o l’autoironico “canta…storie”.
Noi preferiamo Gianni Bernardo “poeta”… come quando, in un particolare momento dello spettacolo, si mette in un angolo della scena e solo – sembra quasi nudo con i suoi pantaloni e la camicetta, inquadrato solo da un cono di luce e tutt’intorno… buio, con un “sussurrato” da manuale, inneggia alla… “terra”! La “sua terra”… e s’inginocchia… ne raccoglie un pugno nella mano e…se la passa sulla faccia, ubriacandosi ed inebriandosi a quel contatto… la “sua” terra… ed è allora che lui “sente” “i virzizzù”… le cicale… ed è… allora, che le “sentiamo” anche noi, e ci viene… la “pelle d’oca”!…
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